L’AMBULATORIO SPECIALISTICO SPERIMENTALE PER IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO DELL’ASSOCIAZIONE AND-AZZARDO E NUOVE DIPENDENZE
Quando ci interroghiamo sulla valutazione dell'esito dei trattamenti del disturbo da gioco d'azzardo patologico può essere utile porsi anche nell’ottica della cornice entro cui tali trattamenti si svolgono o vengono programmati, dal momento che essa a volte può essere fortemente incidente anche sull’esito clinico. La narrazione dell’esperienza in oggetto vuol provare a far riflettere su quanto siano determinanti gli aspetti organizzativi e legislativi sulla effettiva possibilità di rendere cure stabili, efficaci e valutabili dal punto di vista clinico.
DESCRIZIONE DEL PROGETTO E DI COME E’ STATO COSTITUITO
Il punto di partenza per la progettazione di questa esperienza è stata la DGR 3239/2012 lombarda del 4.4.2012, “Linee guida per l’attivazione di sperimentazioni nell’ambito delle politiche di Welfare”. Gli input della DGR stabilivano che i progetti presentati ponessero al centro la famiglia e il “bisogno” della persona. Da questa sperimentazione la Regione dichiarava di voler trarre spunti per l’organizzazione di nuovi servizi che passando dall’offerta alla domanda, fornissero linee guida per meglio rispondere ai bisogni delle persone, piuttosto che a quelli degli enti erogatori, su nuovi temi di salute emergenti non ancora coperti dai servizi tradizionali tra i quali era indicata anche la dipendenza da gioco d’azzardo.
Potendo AND strutturare una offerta a partire da zero, ci siamo dunque chiesti che tipo di modello fosse più utile per le «famiglie giocate dal gioco». Conoscendole bene e avendo visto in molti anni di lavoro che esse arrivano sfiancate e angosciate alla formulazione di una richiesta di aiuto, con il bisogno di consegnare agli operatori la loro sofferenza ed essere innanzi tutto sollevate, prima ancora che curate, abbiamo subito immaginato un modello integrato e centralizzato. Aspetti meramente psico-socio-sanitari quindi, quali il trattamento del giocatore, valutazione e indicazioni circa comorbidità GAP correlate (disturbi psichiatrici, Parkinson, …), presa in carico familiare (terapia individuale del familiare, prese in carico di coppia e familiare, supporto psicologico ai figli) sono stati integrati alla consulenza finanziaria e ricostruzione del debito, consulenza legale e accesso all’Amministratore di Sostegno, tutti determinanti per la riuscita complessiva dell’intervento.
Pubblico destinatario del progetto erano dunque sì i giocatori d’azzardo patologici, ma anche i loro familiari considerati utenti/pazienti portatori di bisogni propri e quindi legittimati a porre richieste di aiuto per sè, anche a prescindere dalla presenza dell’altro.
Creata un’equipe pluri disciplinare (composta dai seguenti professionisti: 1 psicologo psicoterapeuta Coordinatore del progetto, 8 Psicologi di cui 7 psicoterapeuti – di cui 3 Specializzati in Terapia Sistemico-Relazionale, 3 in Terapia Analitica Transazionale e 1 in Psicologia della Salute-; 4 Medici – di cui 1 Specialista in Psichiatria, 1 in Neurofisiopatologia e Tossicologia Medica, 2 Esperti in medicina delle dipendenze di cui 1 in comorbilità GAP/morbo di Parkinson-; 2 Educatori Professionali; 2 Assistenti sociali; 1 Amministratore di sostegno e 2 Avvocati) atta a formulare progetti individualizzati per ciascun utente/famiglia abbiamo iniziato a sperimentare una unità di offerta specialistica monotematica multidisciplinare integrata che garantisse la presa in carico di tutti gli aspetti di criticità che vengono impattati in presenza di un problema di gioco d’azzardo patologico.
Il progetto mirava ad integrarsi con quanto già offerto dal territorio: sono stati scelti diversi orari di funzionamento (preserali in settimana, 17-20; e prefestivi: sabato 9-18) per agevolare gli utenti con impegni lavorativi; esclusivamente su appuntamento per evitare spreco di risorse; è stata garantita la presenza di figure professionali (es. Avvocato) e di percorsi di inquadramento e riabilitativi assenti nei servizi (es. l’assessment specialistico focalizzato, la stesura di un progetto di presa in carico anche solo per il familiare).
Primo passo era dunque la valutazione multidisciplinare dell’utente e della sua famiglia attraverso dei “pacchetti” di intake, che rappresentavano il punto di ingresso per il giocatore come per il familiare, ognuno con un suo specifico iter strutturato. Secondo passo era quindi, se necessario, la proposta di un piano terapeutico individualizzato che poteva prevedere più pacchetti contemporaneamente. Pacchetti di trattamento individualizzati a seconda della gravità (prevenzione ricadute e tutoraggio, per pazienti a bassa intensità; episodi di trattamento multipli rinnovabili, per pazienti a media intensità; interventi di riduzione del danno, per pazienti ad alta intensità); trattamenti di gruppo (gruppo prevenzione ricadute; per familiari; psicoterapeutico; psicoeducativo; per specifica comorbilità Parkinson); psicoterapia/sostegno psicologico individuale (per il giocatore e/o il familiare), psicoterapia/sostegno psicologico di coppia o familiare.
Laddove ritenuto necessario venivano attivati i percorsi nell’ambito del «pronto-soccorso» legale-finanziario. Qui i pazienti potevano godere di una analisi della propria situazione legale e patrimoniale, di interventi di ricostruzione del debito, consigli per la tutela, redazione di ricorsi per l’AdS e assistenza nella procedura, consulenze per la soluzione di altri problemi quali eredità, pignoramenti, separazione coniugi, analisi contratti e documenti finanziamento, contestazione finanziamenti, diffida pratica commerciale aggressiva, chiusura conti correnti, ….
La predisposizione dei percorsi clinici, di assessment e dei materiali di supporto è stata messa a punto solo dopo avere provveduto ad un’accurata ricerca documentale delle esperienze d’eccellenza italiane, europee ed extraeuropee, perfezionata anche con numerosi scambi diretti con i ricercatori interessati.
LA VALUTAZIONE DEL PROGETTO E DEL MODELLO ORGANIZZATIVO
In 18 mesi (1.8.12-31.1.14) sono stati presi in carico 265 utenti (129 giocatori e 136 familiari); ogni mese in media nelle due sedi hanno ricevuto almeno un intervento 109 persone, e la media dei nuovi accessi è stata tra un minimo di 3 ed un massimo di 8 a settimana. Sono stati rendicontati 361 pacchetti di prestazioni (tra questi, il 29% intake familiari, 24% intake giocatori; 35% consulenze legali e finanziarie, ma anche 6% psicoterapie familiari o di coppia e 3% pacchetti di monitoraggio).
La customer satisfaction (rilevata sugli utenti che avevano concluso un pacchetto al 30.7.13, pari al 42% dell’utenza totale) ha segnalato che la qualità percepita del servizio, sempre positiva, era considerata eccellente nel 71% dei casi: molto soddisfatti dell’orario compatibile con il lavoro e di trovare tutto nello stesso luogo. Tutti si sono sentiti più efficaci nell’affrontare i propri problemi, sentendo che il percorso svolto li ha aiutati molto bene nel 77% dei casi. Questo dato è coerente con il tasso di abbandono della terapia che è stato bassissimo (5%), con un rapporto giocatore/familiare di 3 a 1.
Abbiamo stimato che il costo medio del trattamento per utente, 1350 euro, è decisamente interessante.
Sebbene 18 mesi siano un tempo troppo breve per portare a conclusione una sperimentazione di questo tipo garantendo anche una valutazione di outcome clinico, siamo in grado di formulare alcune considerazioni critiche in merito al progetto e al modello organizzativo implementato specificamente per rispondere ai bisogni di questo tipologia di pazienti.
Molti i punti di forza. In primis, la scelta di operare una presa in carico simultanea e coordinata del GAP e del familiare: le famiglie dei giocatori trovano una risposta concreta ed efficace ai loro molteplici bisogni e un sollievo al disagio con cui arrivano all’ambulatorio; la presa in carico è fortemente individualizzata, sebbene con pattern di intervento ben definiti rintracciabili nelle cartelle molto strutturate (cosa che consentiva accurato aggiornamento, omogeneità e guida clinica per gli operatori); anche la flessibilità degli orari e l’ampia gamma di prestazioni ha consentito di accogliere l’utenza in modo adeguato. Importanti sono state anche le soluzioni innovative adottate dal punto di vista organizzativo e della riduzione dei costi (equipe via skype; collaborazione con altri enti, quali ASL di Como e Comune di Ispra, che hanno messo a disposizione a titolo gratuito gli spazi).
Va sottolineata però anche il peso di importanti variabili esterne che hanno avuto un impatto non trascurabile sui 18 mesi di progetto.
Ci chiediamo ad esempio come sia possibile affrontare l’impegno di sperimentare un dato modello secondo un progetto presentato ed approvato nelle sue linee dettagliate di sviluppo, se possono essere modificate o introdotte regole in corso d’opera, cosa che può dar luogo a poca chiarezza su alcuni aspetti di rendicontazione e a scarse o tardive informazioni operative in tempo utile per ben operare o rendicontare. Un caso è stato quello della remunerazione e possibilità di fatturare esclusivamente quei pacchetti per i quali allo scadere dei tre semestri (31.1.13, 31.7.13 e 31.1.14) erano state erogate più del 50% delle prestazioni previste (comunicato solo a rendicontazione avvenuta). A volte le FAQ non bastavano per comprendere la strada da percorrere. Sottolineare questa incertezza procedurale è per noi lo spunto per suggerire in futuro (per qualsivoglia progetto) un ampliamento delle comunicazioni top-down tra Regione/ASL e Associazione e delle risposte fornite ai quesiti posti (più tempestività e precisione) per prevenire incertezza, disservizi ed errori: avremmo apprezzato un ruolo dell’ASL più come «guida» che non solo come «vigilanza», trattandosi di progetto sperimentale e non già di unità d’offerta stabilizzata.
Anche perché questa incertezza procedurale ha avuto come ricaduta diretta un’incertezza economica dei pacchetti aperti a ridosso della scadenza di rendicontazione (scelta fatta per non interrompere il servizio all’utenza) che, non avendo raggiunto il 50% delle prestazioni erogate, non sono stati rimborsati. Dunque molti di questi pacchetti hanno finito con l’essere erogati a titolo di volontariato, pur essendoci i fondi per coprirli.
Un altro aspetto che ha determinato incertezza economica è stato il fatto che la spesa finale complessiva del progetto a fine luglio 2013 è stata sottostimata in maniera rilevante dalla Regione, rispetto a quanto poi è stato effettivamente rendicontato a fine periodo. Tant’è che il budget con cui la Regione Lombardia ha rifinanziato i 6 mesi successivi di progetto era esaurito a metà Novembre 2013 (dopo soli 3 mesi). Questo errore amministrativo ha comportato una pesante ricaduta clinica. I nuovi pazienti hanno dovuto essere messi in lista di attesa, i pazienti già in carico sono stati vittime di uno stop alla fruizione di pacchetti addizionali, non più erogabili. E le tempistiche delle risposte da Regione e ASL sono state purtroppo completamente dissincrone con il bisogno operativo di governance clinica e gestione dei PTI (Piani di Trattamento Individualizzati) in ambulatorio. La qualità e gli esiti degli interventi discende anche da una macchina organizzativa di servizio alla clinica. Così non è stato in questa esperienza. E così non parrebbe essere ancora a livello nazionale.
ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Da approfonditi conoscitori di gioco d’azzardo crediamo all’esistenza e al ruolo del caso, ma non crediamo alla sfortuna, perché ci piacerebbe che il caso non fosse adottato quando si progettano o si valutano gli interventi offerti in favore della salute dei cittadini. Eppure l’epilogo di questa storia condurrebbe anche i meno superstiziosi a strofinare cornetti rossi o raccogliere quadrifogli. Venerdì 17 gennaio 2014, dalla circolare regionale n. 1 a pag. 17 si leggeva quello che tradotto significava: il nostro progetto avrebbe chiuso. Ma non è questo che suscita perplessità: infatti, la chiusura di progetti a termine è già scritta in partenza. Quel che maggiormente ci ha stupito è stato dover constatare che il valore aggiunto dell’esperienza maturata che avrebbe potuto fornire indicazioni preziose per l’avvio di servizi rivolti a questo target di utenza, proprio come le premesse della DGR 3239/12 lasciavano intendere, non è stato né analizzato, né preso in considerazione, né valorizzato. L’esperienza ha chiuso senza alcun passaggio di raccordo con quanto epigrafato nella suddetta circolare, e poi in quelle seguenti, che già veniva etichettato come “il modello lombardo di cura per i giocatori d’azzardo”. La Regione, infatti, ha scelto un sistema decentrato e segmentato, appoggiato sui servizi già esistenti nel 2012: SerT e SMI-Servizi Multidisciplinari Integrati per il trattamento del giocatore, CPS-Centri Psico Sociali e Centri Parkinson per le comorbidità, Consultori Familiari per le terapie individuali, di coppia e familiari, NeuroPsichiatria Infantile per il supporto ai minori, fondazioni antiusura per la consulenza finanziaria e ricostruzione del debito, studi legali privati per la tutela del patrimonio, le separazioni, le pratiche di AdS, ecc. Unica innovazione, il sistema di voucherizzazione che non sta a noi descrivere in questa sede.
E’ stata quindi annullata in un colpo solo la possibilità di utilizzare in modo efficace l’esperienza dell’Ambulatorio oltre il tempo stabilito dei 18 mesi previsti, valorizzando e facendo tesoro delle acquisizioni ottenute mediante la sperimentazione di un Servizio Clinico Monotematico Specialistico di eccellenza rivolto alla famiglia colpita da GAP, unico in Italia, pensato per non lasciare sole le famiglie «giocate dal gioco» e per dare loro una speranza di futuro. Il quale, sebbene con molti limiti anche legati al breve tempo di attuazione concesso, ha mostrato di avere elementi di validità e sostenibilità.