Women who gamble. A group clinic experience through the circus metaphor and other stories

Presentazione AND - ALEA alla 9th European Conference on Gambling Studies and Policy Issues, 19/21 settembre 2012,  Loutraki. Greece - Fulvia Prever AND (Azzardo e Nuove Dipendenze), ALEA - Valeria Locati AND (Azzardo e Nuove Dipendenze)

L’obiettivo di questo lavoro è di mostrare l'impatto del gioco d’azzardo femminile in Italia, le sue principali caratteristiche, le cause della sua escalation, e la pesante ricaduta sulla famiglia e la società. Partendo dall’analisi della ristretta letteratura sull’argomento e dalle osservazioni cliniche delle autrici, viene descritto il processo terapeutico a orientamento sistemico di un gruppo aperto, con particolare attenzione alle relazioni nel gruppo.

Il gioco d'azzardo è sempre stato considerato un'attività di esclusivo appannaggio dell'uomo, un passatempo da maschi, quindi un'eventuale patologia tipica del sesso maschile (Guerreschi, 2008).

L’immagine classica è quella di un uomo giovane,alla ricerca di sensazioni forti, amante del rischio, belle donne, di soldi. Oggi invece l’immagine è anche quella di una donna semplice, una casalinga di mezza età, alle prese con la fatica del quotidiano,della famiglia,che lotta contro la depressione, la solitudine degli affetti, tutto meno che alla ricerca dell’avventura.

La possibilità di sviluppare una dipendenza dal gioco d'azzardo sembra essere due volte maggiore per gli uomini rispetto alle donne (La Barbera, 2010);

La prevalenza del disturbo è però influenzata dalla crescente disponibilità del gioco d'azzardo unita alla pubblicità sempre più invasiva, entrambe sempre più rivolte anche al target femminile.

La percentuale di donne dipendenti dal gioco ha quindi iniziato ad aumentare costantemente tanto da avvicinarsi a quella degli uomini.(stime nazionali ed europee, si muovono verso dal 30 al 40%)

Le donne, così come osserviamo per altre dipendenze,impiegano più tempo degli uomini per valicare la barriera della trasgressione, ma quando succede, lo fanno in modo esasperato; il gioco d’azzardo rappresenta oggi per le donne un altro “tabù infranto” (Prever, 2011).

L’evoluzione del sintomo è spesso molto più rapida che per gli uomini, portando le donne in breve tempo alla fase della disperazione (Custer, 1982). E’ più difficile per le donne chiedere aiuto, poiché il sintomo viene sottovalutato o negato dai familiari, semplicemente non accettato; Difficile anche trovare servizi “tagliati su misura”, con orari e setting adeguati.

Nell’intervento elettivo,quello di gruppo, spesso non trovano spazio per esprimere sentimenti legati a problemi relazionali più intimi, che solo nel femminile trovano ascolto ed empatia (Prever e Locati, 2010; Locati e Tadini, 2010).

Milano è città multietnica dove il potere dei soldi e marginalità e disagio sembrano convivere perfettamente, dove la popolazione femminile toccata dal problema del gioco è in rapida ascesa per il dilagare delle slots nei bar e perché città di punta per le Sale Bingo. Per questo il gruppo “donne in gioco”, primo e a oggi unico in Italia, nasce a Milano nel 2009 da un bisogno di risposta terapeutica specifica, in un luogo neutro, non connotato e facilmente accessibile alle donne; è un gruppo estremamente vario in termini di età, classe sociale e identità nazionale; si colloca all’interno degli interventi di gruppo che l’associazione AND da anni eroga gratuitamente alla popolazione,grazie al volontariato qualificato di professionisti del settore.

L’accesso è previa primo colloquio per individuare eventuali psicopatologie ostative al trattamento di gruppo;la cadenza del gruppo è quindicinale Sono state coinvolte 15 donne con un problema di gioco problematico o patologico, dai 30 ai 67 anni- tre delle quali straniere; nel colloquio iniziale per la valutazione sono stati utilizzati,oltre all’anamnesi,alcuni test e le categorie di Blaszczynski.

Il potenziale dell’approccio sistemico è dato dalla semplicità con cui l’uomo si avvicina a questo modo di pensare e suggerisce una nuova visione delle cose. Si tratta di lavorare con questioni quotidiane, eventi presenti nella società, sofferenze vissute dalle famiglie e rispettarle attraverso l’accoglienza e la proposta di una nuova matrice di connessione delle relazioni e dei dati.

La scelta di questo approccio in alternativa a quello cognitivo comportamentale, tradizionalmente in uso per i gruppi per giocatori d’azzardo,nasce proprio in considerazione dell’alta rilevanza che per le donne hanno gli aspetti relazionali che sottendono il gioco, rispetto alle distorsioni cognitive e ai pensieri erronei (Grant- Potenza 2004)

Le principali pratiche cliniche utilizzate sono state le seguenti:

Ipotizzazione, circolarità e neutralità; oscillazione tra il “qui e ora” e “là e allora”, tra la parte e il tutto; la connessione dei significati tra storie in tempi e luoghi diversi: capacità di mettersi in gioco col gruppo.

Abbiamo messo in scena il rapporto con il gioco, simulando delle estrazioni del lotto,delle sequenze di slot e delle giocate al bingo, analizzando di volta in volta la comunicazione non verbale delle partecipanti e le strategie illusorie da esse messe in atto. Abbiamo connesso quanto emerso e riportato il tutto agli insuccessi delle rispettive storie, al comportamento mantenuto nella famiglia di origine e più in generale nelle relazioni.

Le nostre idee, prima soltanto condivise poi agite, hanno avuto un effetto sul gruppo in termini di movimento, disequilibrio, informazione: le partecipanti ci hanno restituito un’immagine nuova di sé, hanno costruito con noi un nuovo stato delle cose, riattivando le risorse che avevano dimenticato di possedere.

Sfidate, hanno restituito ai nostri occhi un assetto particolare, che ci ha subito portate a rappresentarlo con una metafora, quella del circo; ogni donna presente ci ricordava un diverso artista, dal lanciatore di coltelli, al funambolo, al clown, al domatore di leoni, al trapezista. rimandandoci l’idea del rischio, dell’essere in bilico, tra divertimento e pericolo, tra equilibrio e squilibrio.

Il processo di ridefinizione del sintomo e di ristrutturazione della storie familiari è andato di pari passo con l’evoluzione e la coagulazione del gruppo. L’uso della metafora è stata la svolta conclusiva.

L’astinenza è stata quasi totale, i miglioramenti sono stati valutati positivamente sul piano affettivo relazionale e fisico, soprattutto riguardo alle famiglie d’origine e attuali.


Il gruppo di genere sembra essere il setting adeguato per le donne perché permette di bypassare le difese e allentare le resistenze; mentre, per quanto attiene la terapia di gruppo al femminile, i risultati mostrano l’efficacia dell’approccio sistemico, focalizzato sulle tecniche narrative, sulle connessioni relazionali e sull’impiego della metafora.


Concludendo: abbiamo trovato interessante lo studio delle diverse distorsioni cognitive e dei pensieri erronei nelle giocatrici (Bowden-Jones et al., 2011), rispetto ai giocatori, pensieri che sono alla base delle dinamiche della dipendenza da gioco: con le donne è più facile parlare dei significati e delle illusioni collegate al gioco, (l’illusione di compagnia, l’amante, l’amico) piuttosto che delle strategie vincenti (Prever, 2011).

Da questo nasce la nostra ipotesi di lavoro, non solo riguardo all’approccio di genere come elettivo ma anche rispetto all’intervento sistemico relazionale –narrativo,verso il più tradizionale intervento di CBT .

Se la preferenza dei giochi di abilità (uomini) è altamente correlata all’illusione di controllo e alle distorsioni cognitive (Myrseth,2010) è possibile che per le donne il processo sia differente? Se per le donne il gioco rappresenta soprattutto un meccanismo di evitamento di stati emozionale negativi e non dipende prevalentemente da pensieri erronei, possono le stesse trarre vantaggio da un approccio sistemico-relazionale invece che cognitivo comportamentale? Puo’ lo strumento della metafora essere facilitatore di cambiamento nello specifico femminile? L’ansia di stato, così rilevante nel creare terreno fertile per le dipendenze, può oggi essere riconosciuta maggiormente nel femminile ed essere nel contempo elemento di maggiore cambiamento?

A oggi sentiamo che questi e altri interrogativi, che ci guideranno nel continuare l’esperienza terapeutica, ci accomunano con le nostre giocatrici nell’ansia dell’incertezza e nella ricerca di nuovi punti di vista.


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